mercoledì 13 gennaio 2010

le favelas di bertolaso

''Le favelas'' della Calabria
di Toni Mira* - 13 gennaio 2010
Rizziconi, storia di un terreno confiscato alle 'ndrine
ma ancora coltivato illegalmente.

Poteva essere occasione di riscatto dalle cosche e di lavoro pulito. È diventato, invece, luogo di sfruttamento e lavoro nero. Baracche e immigrati in un uliveto confiscato alla 'ndrangheta. Mai utilizzato a fini sociali, come prevede la legge, ma che qualcuno, invece, continua a coltivare illegalmente. Loro, gli immigrati, sicuramente non lo sanno. Molti altri, istituzioni locali in testa, lo sanno benissimo ma non fanno nulla. Accade a Rizziconi, grosso centro della Piana di Gioia Tauro non lontano da Rosarno.

Tra i più condizionati dalle cosche. Qui in contrada Conchi chiamata anche "La Collina di Rizziconi" negli ultimi anni era sorta una vera e propria favela di piccole baracche costruite con teli di plastica, rami e scotch. Ci vivevano circa trecento africani in condizioni ancora peggiori degli altri immigrati di Rosarno che, almeno, erano tra quattro mura. Ora, dopo gli scontri, ne sono rimasti solo poche decine, asserragliati e difesi dalle forze dell'ordine. Vogliono essere pagati dai "padroncini" e poi anche loro se ne andranno. Il terreno è di proprietà dell'amministrazione comunale dal 4 marzo 2005, da quando è stato consegnato dall'Agenzia del Demanio.

Circa sei ettari di splendido uliveto confiscato il 22 ottobre 2002 al boss Francesco Albanese, tra i protagonisti della ventennale sanguinaria faida di Cittanova tra le famiglie Raso-Albanese e Facchineri. In realtà il terreno risulta di proprietà di Concetta e Esterina Albanese, quest'ultima considerata erede, alla guida del clan, del boss morto in carcere. Ed è proprio qui il problema. Solo la quota parte della prima risulta confiscata mentre quella della seconda no. Ma quale siano, fisicamente, le due parti nessuno lo ha mai accertato. O, forse, sarebbe meglio dire non ha mai voluto accertare. Non lo ha fatto l'Agenzia del Demanio che con questo dubbio lo ha consegnato al comune. Non lo ha fatto quest'ultimo che in questi anni è stato guidato da tre giunte e tre gestioni commissariali per le dimissioni della maggioranza dei consiglieri.

L'ultima da otto mesi mesi in attesa della decisioni del prefetto di Reggio Calabria dopo la commissione d'accesso per infiltrazione mafiosa (Rizziconi, terra della potente e violenta cosca Crea è già stato sciolto per mafia). Una situazione intricata ma anche sospetta. Al punto che è finita nel 2008 nel rapporto del Ros dei Carabinieri di Reggio Calabria sulla malagestione dei beni confiscati nella provincia. Un rapporto consegnato alla Dda reggina che aveva portato ad avvisi di garanzia per decine di ex amministratori comunali della provincia, tra i quali anche quelli di Rizziconi. Il terreno era stato destinato alla cooperativa "Valle del Marro", nata dalla collaborazione tra la Diocesi di Oppido-Palmi e l'associazione Libera e col sostegno del Progetto Policoro della Cei, che ha più volte chiesto al comune di attivarsi per risolvere la questione. Invano. Nessuna risposta. Così non ha mai potuto entrare in possesso dell'uliveto (la cooperativa gestisce già 120 ettari confiscati) anche perché tutto ha continuato ad essere coltivato.

Lo si vede chiaramente: l'uliveto è curato, pulito, potato. Da chi? Dai vecchi proprietari mafiosi? Nessuno lo sa. Nessuno se ne preoccupa, anche se sarebbe vietato, visto che il comune non lo ha mai assegnato a nessuno. Intanto si sono installati gli immigrati con le loro baracche da Terzo Mondo. Col placet delle cosche? É difficile pensare che possano aver occupato il terreno senza il loro permesso e magari anche pagando. Probabilmente alcuni di loro sui quei terreni addirittura ci lavorano. Di certo quel bene strappato ai mafiosi otto anni fa è ancora nelle loro mani.

* L'Avvenire

Tratto da: liberainformazione.org