un'altra manifestazione è prevista
per il 21 a Reggio Calabria
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NO MAFIA DAY - Rosarno 23/01/2010
Per abolire l'ingiustizia
degli studidi settore
serve anche il tuo aiuto,
Vito Nitti, Asaro Vincenza
e Tao Odysseus Westermann sono fan.
Michele Maduli
Organizzammo la prima manifestazione pubblica
nella Piana, a Cittanova, credo nel 1975-1976,
con l'on. Lamanna.
Poi a Taurianova un pubblico dibattito, nella
Sala Taverna,con il giudice Ciccio Misiani.
A quei tempi la situazione non era ancora matura.
Una parte del movimento di sinistra riteneva
che fosse azzardato parlare pubblicamente di
mafia.
Poi fu un fiorire di manifestazioni; nel 1977
a Taurianova, dopo la strage di Razzà, a
Polistena, a Cinquefrondi.
Poi la situazione precipito con i morti
ammazzati del PCIa Giooiosa, a Cittanova,
a Rosarno a Cetraro.
E' giusto manifestare ed alzare la testa.
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La comunicazione del Ministero
dell'interno del 12 gennaio Oggi alle 0.46
12.01.2010 Rosarno,
Maroni al Senato:
'Lo Stato in Calabria c'è e non darà tregua alla
'ndrangheta'.
Informativa del ministro dell'Interno sui disordini tra
extracomunitari e residenti nella cittadina calabrese, dopo
il colpo inferto oggi al clan Bellocco. Illustrato il piano
d'azione del Viminale: monitorare l'applicazione della Bossi
Fini, combattere il lavoro nero e ogni forma di criminalità
Le 17 ordinanze di custodia cautelare eseguite questa mattina a Rosarno contro il clan Bellocco e il sequestro di beni per decine di milioni «sono la prova che lo Stato in Calabria c'è, continuerà ad esserci e non darà tregua alla 'ndrangheta». Lo ha affermato il ministro dell'Interno Roberto Maroni oggi al Senato aprendo l'informativa sui fatti di Rosarno, durante la quale ha illustrato il piano d'azione per contrastare «l'immigrazione clandestina, il lavoro nero e ogni forma di criminalità».
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Ricostruendo la dinamica dell'accaduto, il ministro dell'Interno ha voluto per prima cosa sottolineare la tempestività dell'intervento delle Forze dell'ordine, che ha consentito di arginare la situazione. Questa prontezza ha permesso allo stesso ministro di improntare immediatamente una linea d'azione, costituendo una task force con il compito di trovare soluzioni per fronteggiare l'emergenza e, soprattutto, affrontare nel medio-lungo periodo lo stato diffuso di degrado sociale che ha rischiato di trasformarsi in un problema di sicurezza pubblica.
Oltre a fornire informazioni e dati, Maroni ha analizzato le cause della tensione tra immigrati e abitanti del posto sfociata negli scontri. I fatti di Rosarno, secondo il ministro «rendono evidenti le conseguenze negative che derivano dall'immigrazione clandestina, presupposto dello sfruttamento e serbatoio di manodopera per la criminalità organizzata».
È proprio su questo fronte, ha ribadito Maroni, che si sta concentrando l'azione di Governo, sia sul piano operativo (42.595 i rimpatri effettuati negli ultimi 2 anni) che, soprattutto, della prevenzione. L'attuazione degli accordi con la Libia, principale Paese di transito dei flussi migratori dall'Africa sub-sahariana, ha consentito di ridurre gli sbarchi del 90% rispetto al 2008, e di svuotare i centri di accoglienza come quello di Lampedusa, che ha raggiunto in passato picchi di 2.000 ospiti.
Per combattere gli intrecci tra criminalità e immigrazione illegale non servono nuove leggi, è la convinzione del ministro, ma bisogna piuttosto applicare la Bossi-Fini, che lega l'ingresso dei citadini stranieri in Italia al possesso di un contratto di lavoro stabilendo un principio ripreso dalle più evolute legislazioni europee, da ultimo da quella spagnola.
La maggior parte degli immigrati coinvolti nelle manifestazioni di Rosarno, infatti, ha ricordato Maroni, è in possesso di un regolare permesso di soggiorno, ma non di un'altrettanto regolare posizione lavorativa.
È dunque fondamentale, ha detto il ministro al Senato, portare avanti contemporaneamente «una capillare attività di contrasto ai fenomeni dell'illegalità e dello sfruttamento del lavoro nero nel settore agricolo», con l'intensificazione dei controlli ispettivi.
L'azione della Task force: coinvolto per la prima volta l'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti
La Task force costituita l'8 gennaio scorso dal ministro Maroni ha disposto il giorno stesso dell'insediamento presso la prefettura di Reggio Calabria il trasferimento di un primo gruppo di extracomunitari presso il Centro di accoglienza di Crotone, e ha chiesto, prima iniziativa di questo tipo mai adottata, all'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti l'invio di un'equipe medica per esaminare la situazione igienico-sanitaria delle strutture dove vivevano gli immigrati.
Il gruppo operativo ha inoltre incontrato le principali organizzazioni umanitarie per organizzare il più rapidamente possibile il trasferimento degli immmigrati, a tutela della loro sicurezza.
Gli extracomunitari coinvolti, tra loro nessun egiziano: trasferite con il loro consenso 748 persone verso i centri di Bari e Crotone.
Sono 748 in totale i cittadini stranieri trasferiti volontariamente verso i centri di accoglienza di Bari (320) e Crotone (428).
Circa 330 stranieri con regolare permesso di soggiorno si sono allontanati con mezzi propri o con i treni verso altre destinazioni.
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748 immigrati regolari sono stati trasferiti nei centri di accoglienza di Bari e Salerno e latri 330 circa hanno abbandonato quel poco che avevano e quella illusione di lavoro della piana di Gioia Tauro verso un futuro ancora più incerto e chissà quali peripezie possa riservare l'Italia assente al 98° congresso internazionale sul lavoro dopo le forti critiche contenute nel rapporto annuale dell'ILO e le critiche dell'unione europea a un paese dove non si rispetta neanche il principio di cittadinanza del nascituro e dove si trova il modo di sfruttare per l'ennesima volta l'immigrazione attraverso normative particolari sul trasferimento dei fondi all'estero.
Sfuggiti a una realtà di sfruttamento e degrado coronata dall'arroganza violenta della criminalità locale 1.000 persone delle 2.000 stimate in condizioni di schiavitù hanno preferito l'incertezza e addiritttura il "centro di accoglienza",la risposta italiana al diritto di asilo che sarebbe più onesto chiamare carcere o meglio ancora lager perchè nasconde con un nome ameno la realtà del maltrattamento che spinge fino al suicidio.
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Le 17 ordinanze di custodia cautelare nella piana e le altre 27 nel reggino nascondono una realtà ben più grave fatta di comune rassegnazione al fenomeno della gestione totale del mercato del lavoro da parte della 'ndrangheta che ha permesso che 2.000 persone vivessero in condizioni di schiavitù sotto lo sguardo della popolazione Rosarnese e dei comandi di polizia competenti nella zona.
Di questi 44 arresti solo 5 sono stati motivati con la riduzione in schiavitù e il favoreggiamento della immigrazione clandestina ma quale é il risultato di questa azione?
Per coloro che sono rimasti a Rosarno la realtà é ancora più dura di quella che li aveva costretti per la terza volta in tre anni a manifestare senza risultato e per i cittadini di Rosarno lo sfrutamento del lavoro,soprattutto di quello immigrati ma non solo, rappresenta la normalità.Quello che abbiamo la necessità morale e materiale di combattere é proprio questo degrado culturale dovuto alla rassegnazione all'unica realtà che conosciamo in queste terre e che paradossalmente piuttosto che venire contrastata é diventata nell'ultimo decennio un punto di riferimento nazionale perseguito attraverso le nuove leggi sull'immigrazione.
Dobbiamo pretendere che la legge a tutela del lavoro e del territorio venga applicata perchè ciò che rende forte la 'ndrangheta nella nostra regione é la debolezza della giustizia,e per conseguenza diretta e inevitabile, la debolezza della cultura della legalità e dei valori condivisi di questa repubblica.
Non possiamo rassegnarci alla ghettizzazione della lotta socialista e alle mansioni sindacali relegate ai partiti della sinistra radicale.
L'inefficenza della giustizia é l'espressione diretta del regime che governa il paese e che riversa il proprio carattere parassitario sulle spalle del lavoratore giustificando,più o meno palesemente,un imprenditoria criminale che da anni dissangue il paese,soprattutto attraverso le istituzioni e il mercato del sud.
Il lavoratore paga l'incompetena dell'imprenditoria e la complice inefficienza della giustizia quando palesemente,come nella vicenda Phonemedia di Catanzaro,quando indirettamente attraverso il dirottamento dei fondi pubblici e con la rivendicazione del predominio di una cultura degradata che si manifesta attraverso l'assistenzialismo all'imprenditoria criminale in nome di un regime emergenziale di contrasto alla crisi che questa stessa cultura degenerata ha reso in Italia insostenibile.
Per fare in modo che il sacrificio dei lavoratori stagionali di Rosarno,dettato dalla necessitò,non si risolva nella consueto nulla di fatto dobbiamo pretendere che la giustizia svolga il ruolo che le compete:di contrasto e punizione del criminale da una parte ma soprattutto di tutela e rimborso delle vittime.
I lavoratori stagionli erano tutti immigrati regolari e molti di loro erano italiani residenti della zona.Resta da chiedersi in che modo la schiavitù possa essere stata considerata una posizione lavorativa in grado di giustificare il permesso di soggiorno nonostante le restrittive leggi emanate dalla destra italiana negli ultimi anni ma ciò non toglie che ai lavoratori stagionali di Rosarno non possa essere imputata nessuna colpa.
Non possiamo continuare a tollerare come socialisti che il lavoro sfruttato in questa forma inconcepibile venga considerato normalità e non possiamo continuare a tollerare come italiani,di qualunque colore politico,che in questa particolare regione e in tutta Itala non sia il lavoro a essere premiato ma l'imprenditoria criminale.
Questo deve essere il significato essenziale della manifestazione del 23 gennaio di Rosarno assieme al contrasto deciso verso tutte le mafie,comunque le vogliamo chiamare e comunque esercitino il loro ruolo di egemonia sul territorio nazionale, perchè nessun colore vuol dire anche tutti i colori e questo per rappresentare un "No" corale al grigiore della rassegnazione e della omertà.