GIUSTIZIA PRIVATA
La perla del giorno, contenuta nel decreto mille proroghe, è la privatizzazione della giustizia in materie come la successione ereditaria, i contratti di locazione, le cause di risarcimento per responsabilità medica, la diffamazione a mezzo stampa, i contratti di assicurazione bancari e finanziari e molto altro.
In questi campi, alcuni dei quali riguardano la vita di ogni giorno per milioni di cittadini, la giustizia diventa – per decreto – privata.
A partire dal 21 marzo i cittadini che vogliano agire in giudizio non dovranno più rivolgersi al tribunale forti di assistenza legale ma dovranno rivolgersi ad una società di mediazione privata. Obbligatoriamente, non volontariamente.
La scelta non è data. Attenzione, perché è proprio la libertà di scelta il punto cruciale. È vero che la conciliazione extra-giudiziale è una via per alleggerire la mole immensa di lavoro dei tribunali.
È anche vero però che il cittadino che non voglia rivolgersi a società private deve avere – ha, nei paesi dove questo metodo è in atto – la possibilità di farlo. Nel nostro sistema no: la conciliazione privata diventa dal 21 marzo obbligatoria, onerosa (naturalmente la società privata dovrà essere pagata) e l’azione di conciliazione, poniamo, con un colosso bancario o farmaceutico avviene senza tutela legale. Chi sono i conciliatori privati?
«Potranno essere diplomati iscritti a un albo, laureati in tre anni anche in materie diverse da quelle relative alla controversia proposta».
Difficile immaginare che le controparti non schierino studi legali forti ed agguerriti. La privatizzazione della Giustizia chi avvantaggerà in questi casi?
È con queste domande che mercoledì mattina a Roma si troveranno davanti al Tar a manifestare un gruppo di cittadini e di professionisti della giustizia.
Alla “Piazza continua” che dal 13 febbraio scorso, il giorno della manifestazione delle donne, è venuta crescendo fino ad oggi si aggiunge dunque una nuova data: il 9, contro la giustizia privata. Riassumiamo le scadenze. Sabato scorso si è manifestato in tutta Italia contro i tagli alla cultura.
Domani cento piazze per l'8 marzo sui temi del lavoro femminile. Il 9 davanti al Tar per la giustizia pubblica. Il 12 in piazza in difesa della Costituzione e della scuola pubblica: corteo che si chiude in piazza del Popolo. Sulla scuola pubblica 130 mila persone hanno sottoscritto su questo giornale la protesta contro le parole di Silvio Berlusconi, parole che ora – come da copione – nega di aver detto.
Esistono le prove, presidente, e non occorre esibirle in tribunale: sono in rete. Il 17 (ma già dalla sera del 16) la grande giornata per l’Unità d’Italia, con la bandiera tricolore alle finestre.
Per una manifestazione di piazza a sostegno di chi combatte in Libia si è espresso ieri Walter Veltroni, un’ipotesi che già avevano ventilato i leader delle associazioni riuniti qualche giorno fa in forum nella sede di questo giornale. Scrive Veltroni:
«Cedere all’egoismo e lasciare soli coloro che si battono per la libertà non è da noi. Perchè i partiti democratici, i sindacati, le associazioni di massa non promuovono una grande manifestazione e una campagna di solidarietà? Il destino di quella parte del mondo dipenderà anche dal grado di vicinanza che sapremo garantire a chi si batte contro le dittature.
Se non ora quando?». Spengere la tv, scendere in piazza.
È una battaglia da combattere così.